Dal campo alla tavola i prezzi aumentano di 5 volte per la pasta e di addirittura 15 volte per il pane, con la forbice che si è fortemente allargata quest’anno: a spingere l’uscita dalla deflazione è l’aumento del 4,9 per cento dei prezzi dei vegetali freschi e dell’2,8 per cento della frutta su base mensile, ma nelle campagne i prezzi restano drammaticamente al di sotto dei costi di produzione. È quanto afferma Coldiretti Arezzo nel commentare i dati Istat sull’andamento della inflazione a novembre con i prezzi dei beni alimentari stabili su base annuale ma in rialzo dello 0,5 per cento rispetto ad ottobre.
Di fatto oggi gli agricoltori devono vendere quindici chili di grano per comprarsene uno di pane. Il perché lo spiega Tulio Marcelli, presidente di Coldiretti Toscana e Arezzo: “Le coltivazioni, anche sui nostri territori, subiscono la pressione delle distorsioni di filiera e del flusso delle importazioni selvagge che fanno concorrenza sleale alla produzione locale, anche perché vengono spacciati come Made in Italy per la mancanza di indicazione chiara sull’origine in etichetta”.
“Questo sta rischiando di portare all’abbandono o alla riconversione dei terreni insiste Marcelli - come in alcuni casi sta già succedendo, in particolare in Valdichiana, con imprese agricole lascino la produzione alimentare o foraggera per spostarsi verso quelle industriali, vedi biomasse per l’industria energetica”.
“Su queste tematiche, concorrenza sleale e origine dei prodotti - chiude Marcelli - Coldiretti porta avanti una battaglia importante che sta dando i primi frutti e che speriamo possa presto portare ad una piena riconoscibilità del Made in Italy. Su questo fronte da segnalare senza dubbio in positivo l’impegno assunto per presidente del Consiglio Renzi nel corso della recente grande manifestazione Coldiretti al Mandela Forum di Firenze, per una rapida approvazione dell’etichettatura del grano italiano, dopo il positivo esito di quella per latte e formaggi. Segnali di attenzione e di impegno che da una parte fanno capire il ruolo decisivo del nostro agroalimentare, e che dall’altra consentirebbero anche una positiva soluzione della questione prezzi all’origine grazie alla riconoscibilità del prodotto”.
“Quello dei prezzi troppo bassi all’origine e delle speculazioni lungo la filiera è un problema molto esteso – spiega a sua volta Mario Rossi, direttore di Coldiretti Arezzo – e, fatte le dovute eccezioni, come ad esempio il settore del vino, dove sempre più le aziende imbottigliano in autonomia e quindi risparmiano costi, nella maggior parte dei settori, dal cerealicolo al caseario a quello degli allevamenti, la situazione è oramai davvero drammatica perché con margini così bassi di redditività è messa a rischio la sopravvivenza stessa delle nostre aziende”.
“Ai rendimenti bassi – conclude Rossi – con i quali non si riesce neanche a tener fronte ai costi di produzione - mezzi, tasse, costi per l’allevamento, adempimenti burocratici - si aggiungono poi le altre problematiche che colpiscono ulteriormente molti dei nostri settori, come i predatori, gli ungulati, i disastri di origine atmosferica e climatica. Fino a che il sistema non garantirà contratti agricoli a prezzi garantiti evitando le speculazioni, la situazione sarà estremamente difficile: una svolta potrebbe venire appunto dall’etichettatura del prodotto che darebbe più forza contrattuale alle imprese”.
1 Dicembre 2016
Distorsioni di filiera e importazioni selvagge: messe a rischio le produzione agricole aretine